Nuovi profughi — l’estate di  Arcisolidarietà

Nuovi profughi — l’estate di Arcisolidarietà

barcaI nuovi profughi arrivano, a notte fonda, in pulman dall’aereoporto di Verona. Sono stanchi e tristi, quando entrano in casa e si siedono sui divani per le prime informazioni (nome e cognome, data di nascita, provenienza…) Non ci sono elenchi ufficiali, solo persone che ci vengono affidate e di cui non sappiamo nulla. A volte hanno un numero scritto a mano in un braccialetto di carta al polso . Sono un po’ spaventati, nessuno ha spiegato dove saranno accolti. Molti sono sbarcati la mattina stessa. Quando Sophie li porta in cucina per mangiare qualcosa (riso e verdure), si rianimano e cominciano a sorridere . piano ,piano, con timore e sorpresa, cominciano a mangiare, forse è in questo momento che si sentono veramente “accolti”. Si preparano i letti, si fanno la doccia e la mattina dopo si va a fare la spesa. Chiedono subito un telefono o una scheda per chiamare i loro parenti e amici e incominciano a guardare la carta dell’Europa ,appesa al muro: Milano, Roma, Bologna, Venezia,  Svizzera, Germania, Svezia, qui puntano il dito e misurano la distanza da Rovigo. Chiedono orari  ,cambiano i pochi soldi spiegazzati che sono rimasti e ripartono. Li accompagnamo in stazione ,un ultimo saluto a persone che abbiamo atteso per un’intera notte e che probabilmente non rivedremo più.

Già una trentina di persone nel solo mese di giugno.

Avevamo dato disponibilità per accogliere donne e bambini, abbiamo pulito e ridipinto le pareti e cercato di rendere le stanze accoglienti, ma loro sono ancora in cammino e hanno una meta da raggiungere. Essere diventati luogo di sosta e non di accoglienza, non ci dispiace, siamo a disposizione di chi ha bisogno di aiuto. Se un giorno qualcuno ci chiederà di rimanere, siamo pronti.