Chi l’ha detto che le farfalle vivono un giorno solo?

Chi l’ha detto che le farfalle vivono un giorno solo?

Qualche giorno fa Roberto Fioretto della Fondazione Cariparo è venuto a conoscere la realtà della comunità alloggio “Le farfalle”, da quest’incontro ha scritto un bellissimo articolo che speriamo leggerete con piacere. 

Chi l’ha detto che le farfalle vivono un giorno solo?

Cucina abitabile, sala da pranzo e salotto, 2 bagni, 3 camere da letto. Sviluppato su tre piani, con piccolo giardino privato, alle porte di Rovigo. Detto così, potrebbe sembrare un qualsiasi annuncio immobiliare. In realtà, l’appartamento di cui vi stiamo parlando è ben più di un semplice spazio abitativo. È una comunità solidale di accoglienza residenziale dove trovano ospitalità donne e ragazze sole provenienti da più nazionalità. Alcune di loro sono in fuga da qualcuno e vanno protette, altre invece provengono dal Centro di Accoglienza Straordinaria. Qualsiasi sia il loro Paese d’origine, le difficoltà in atto o quelle che vogliono lasciarsi alle spalle, ognuna qui può trovare non solo un posto dove stare, ma anche e soprattutto chi le accoglie, le supporta e le incoraggia.

Un modello di convivenza sociale e comunitaria
per generare autonomia ed emancipazione nelle donne sole e con minori.

Quando arriviamo non dobbiamo neppure bussare. Un paio di ragazze sono sulla soglia della porta d’ingresso che dà direttamente sulla via. Con loro c’è Donata Tamburin, presidente di Arcisolidarietà di Rovigo, l’associazione che ha promosso e gestisce la residenza ottenuta in concessione per 10 anni dall’Ater cittadino.
«Stiamo attaccando al muro la nostra targa» ci dice venendoci incontro. «Ogni tanto si stacca, ma poi noi la riattacchiamo». Un piccolo inconveniente, nulla più, che però anticipa la determinazione e la forza di volontà che, pur tra mille complessità e difficoltà, troveremo tra le pareti di casa. Un alloggio e un progetto particolare, che sosteniamo attraverso il nostro bando Progetto Sociale, dove il “come” diventa determinante per il “chi”.

l “chi” attualmente sono quattro ragazze: Uche, Isabella, Daniela e Favour, tutte provenienti dall’Edo State, regione meridionale della Nigeria. Se oggi sono qui, va da sé, non è per loro scelta. A non voler considerare le violenze, gli abusi e le criminalità dalle quali stanno fuggendo, ci appaiono per quel che sono: ventenni in cerca di spiccare il volo verso il proprio futuro. Iniziare a farlo in una comunità che si chiama Le Farfalle, non è certo per inclinazione alla retorica poetica. Perché qui, le urgenze e le necessita, sono reali. Oltre che sciaguratamente molteplici.

Il “come” della residenza in cui stanno vivendo si basa su un modello preciso, quello della convivenza solidale. Un modello condiviso anche dalla psicologa e dall’educatrice coinvolte nel progetto, finalizzato a un obiettivo primario. Quale? Che le donne ospiti, in un arco di tempo non perpetuo, possano riuscire a maturare la consapevolezza che l’auto mutuo aiuto è una risorsa reciproca che genera autonomia ed emancipazione. Semplice a dirsi, ma allo stesso tempo non esattamente così facile a farsi… Malgrado alle giovani nigeriane che incontriamo non manchino motivazioni per raggiungere questi obiettivi.

Uche, Isabella, Daniela, Favour e “le regole della casa”

«The freddo o menta?» È il benvenuto che ci danno. Amichevole, genuino e premuroso allo stesso tempo, date anche le temperature della mattinata di luglio in cui le incontriamo. Tuttavia, siccome nessuno al mondo si scioglie come neve al sole di fronte a delle persone appena conosciute, per prima cosa cerchiamo di rompere il ghiaccio con qualche domanda non troppo impegnativa.

Tra un “come ti chiami” e un “come ti trovi qui”, veniamo a sapere che Isabella e Uche hanno appena superato gli esami di terza media. «Promosse con i voti più alti della classe», aggiunge con una punta di orgoglio Donata, per la quale le ragazze sembrano nutrire affetto sincero e allo stesso tempo un po’ di timore. Perché mai? Per quello che pian piano emerge essere il loro spauracchio comune: mantenere ordine e pulizia, rispettando le regole della casa organizzate in orari e turni affissi nella bacheca in cucina. Un foglio che stabilisce inequivocabilmente “oggi tocca a te”, dettando mansioni rispetto alle quali Donata non pare voler cedere di un millimetro.

Con l’intento di dare un’attenuante a Uche, Isabella, Daniela e Favour, facciamo presente che fare ordine nella propria stanza o collaborare alle pulizie di casa non sono propriamente la priorità di una qualsiasi ventenne. Come non detto: Michela ed Eleonora, la psicologa e l’educatrice della comunità, danno man forte a Donata e stoppano sul nascere ogni nostra possibile giustificazione. Ma soprattutto, con garbo e altrettanta determinazione, entrambe fanno di più. Trasformano quella che sembrava essere solo una trascurabile patina di polvere in un’occasione per dare una rinfrescata a valori ben più sostanziali: rispetto e considerazione per gli altri, reciproco aiuto, acquisizione di nuovi stili di vita, impegno, assunzione di responsabilità.

Michela ed Eleonora sono presenze importanti tra queste mura. Due donne che, coniugando l’ascolto alla concretezza, l’educazione alle emozioni al pragmatismo, lavorano ogni giorno per dare a queste e tante altre ragazze progettualità, consapevolezza di sé, autonomia, fiducia nelle proprie capacità.

Le farfalle non volano tutte alla stessa maniera

Non per fare gli entomologi, ma gli studi a riguardo ci dicono che le farfalle non volano tutte nello stesso modo. Alcune hanno un volo leggero, altre sono forti volatrici e sbattono in modo molto potente le ali. Differente è anche la modalità del loro volo: alcune hanno un volo lineare, altre più zigzagante. Allo stesso modo le nostre quattro giovani interlocutrici hanno modalità di relazione, aspettative e speranze diverse. Ma se avessero tra le mani una bacchetta magica, che desiderio vorrebbero si realizzasse per primo?

Uche, con le sue treccine viola autenticamente afro e il suo sorriso contagioso, vorrebbe soprattutto proseguire gli studi e frequentare una scuola superiore perché «se ho una formazione completa posso integrarmi più facilmente e avere un buon lavoro».

Favour, la più timida e riservata del gruppo, vorrebbe ottenere il permesso di soggiorno e i documenti necessari per vivere in serenità, magari formando una famiglia con tre bambini. Due maschi e una femmina, per la precisione.

Isabella, che tra tutte è quella che ama di più prendersi cura dell’orto, vorrebbe avere una vita migliore di quella che ha vissuto fino ad oggi. E, lascia intendere, non solo per quanto ha subito nel suo Paese. «Ho incontrato persone che mi hanno detto “Ma cosa sei venuta a fare qui?”. Il mio sogno è avere un lavoro e sostenermi da sola, così nessuno mi tormenterà più».

Daniela vorrebbe imparare bene l’italiano e continuare le attività che faceva in Africa: realizzava decorazioni per feste e matrimoni. Ma le piacerebbe anche lavorare come parrucchiera. Guardando la sua acconciatura, par di capire che ci sappia fare non poco.

Butterfly Effect: il principio della forza delle piccole azioni

Si dice che il minimo battito d’ali di una farfalla sia in grado di provocare un uragano dall’altra parte del mondo. Lo chiamano per l’appunto Butterfly Effect, una locuzione presente in fisica nella teoria del caos. Noi un caos di scoppiettante vivacità lo scateniamo non appena introduciamo un tema tutto al femminile e solo apparentemente frivolo: la bellezza delle donne.

In men che non si dica, Uche, Isabella, Daniela e Favour dimenticano timidezze, insicurezze e paure per farsi identità compatta, schierata verso un’unica meta: condividere con noi l’occasione che di recente le ha fatte sentire belle e forse ancor di più, speciali: la partecipazione ad un talent show organizzato nel teatro parrocchiale di Pontecchio Polesine dove si sono esibite, unico gruppo straniero sul palco, danzando sulle note di musiche africane.

I vestiti di scena? Stoffe con motivi etnici cucite da loro. Le cavigliere? Create e realizzate sempre da loro utilizzando tappi di bottiglia. L’entusiasmo? Alle stelle. Anche se, come loro stesse ammettono in tutta onestà, «non abbiamo preso nessun premio».
Ragazze, esito del talent show di Pontecchio Polesine a parte, siete proprio sicure-sicure di non meritarvi nessun premio? Da parte nostra, ve ne assegniamo sicuramente uno: alla vostra voglia di affrontare il futuro, malgrado il vostro passato.

Ringraziamo Roberto per il bellissimo articolo che ha scritto e la Fondazione Cariparo per il sostegno che da ai nostri progetti; potete leggere la versione originale dell’articolo sulla pagina della Fondazione Cariparo, al link: https://www.fondazionecariparo.it/2019/02/15/chi-lha-detto-che-le-farfalle-vivono-un-giorno-solo/